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  • Michele Lombardi

L’industria automobilistica di fronte a una sfida storica che cambierà gli equilibri di mercato

Le decisioni che prenderanno oggi i costruttori saranno vitali per il loro futuro.


Per comprendere l’attuale momento strategico bisogna fare un passo indietro. All’inizio del millennio la commissione europea era convinta di dover regolamentare il settore dell’auto. Le ragioni erano diverse ma la principale era garantire, anche artificialmente, un elevato livello di concorrenza a tutela del consumatore in un mercato fondamentale per le economie di molti paesi industriali. L’UE era preoccupata che le case automobilistiche avessero creato un “cartello” basato su un principio di non belligeranza, conseguenza anche della forte concentrazione in atto nel settore a seguito delle numerose acquisizioni e fusioni.


Nei primi anni del nuovo millennio, dal 2001 al 2003, queste argomentazioni diedero vita a una discussione molto accesa sugli scenari futuri dell’auto.


Gli opinion Leader fra i costruttori dichiararono che nel 2015-2020 sarebbero rimasti 3 o 4 grandi gruppi industriali a livello mondiale.


Tali affermazioni si fondavano sulla convinzione che nessun player avrebbe potuto superare le barriere economiche, finanziarie, tecnologiche e soprattutto industriali generatesi nel settore automotive. I grossi gruppi automobilistici erano nati dall’iniziativa istrionica di meccanici che avevano iniziato a progettare all’inizio del ‘900 veicoli artigianali di elevata fattura in strutture a carattere familiare o in piccole officine. Situazioni che si riteneva non si potessero più ripetere per effetto delle dimensioni raggiunte dai produttori conseguenza di una elevata automazione industriale, standardizzazione dei processi produttivi, qualità degli assemblaggi e della componentistica.


Ma anche la distribuzione con il suo peso. Un sistema che avrebbero reso impossibile l’accesso al mercato alle piccole aziende, ma anche a quelle di grande dimensione operanti in altri settori e quindi prive del know-how necessario,


Insomma l’opinione era che i giochi fossero fatti.


Ma come spesso capita, le previsioni vengono disattese.


In un certo senso viene in mente Apple quando annunciò nel 2006 il suo ingresso nel mercato della telefonia. Nokia, Ericson, Blackberry e altri produttori erano convinti che la loro posizione di vantaggio avrebbe reso impossibile l’ingresso di nuovi player nel mercato. Quello che è successo è storia recente. Apple ha inventato lo smartphone rivoluzionando la comunicazione mentre altri produttori si sono dovuti ridimensionare.


Anche nel mercato dell’auto, nonostante le sue diversità, i processi di concentrazione non solo si sono fermati ma hanno invertito la rotta. Pensiamo al proliferare di nuovi player tra Cina, India e soprattutto Corea, che si è affermata con successo nello scacchiere mondiale. Multinazionali della tecnologia che vogliono entrare nel settore come Google o nuovi costruttori come Tesla che, nati dal nulla, stanno rivoluzionando i tradizionali processi produttivi. Nessuno avrebbe mai immaginato la nascita di un nuovo player, interamente fondato sulla trazione elettrica, che con una perfetta strategia top-down, si sarebbe affermato in una nicchia del segmento luxury oggi raccogliendo prenotazioni per un’autovettura non certamente popolare (model 3) e di cui si conosce solo l’estetica.


Una conferma che le barriere all’ingresso nel settore Automotive non sono insormontabili. L’elettrico inoltre potrebbe giocare a favore di una crescita più rapida di giovani imprese.


La maggiore preoccupazione per le case automobilistiche sarà quella di doversi confrontare con produttori dinamici ma soprattutto privi della zavorra di pesanti strutture produttive e reti di distribuzione rigide e capillari. Se la diffusione dell’elettrico dovesse risultare più rapida delle previsioni, la pressione per cambiare i sistemi di produzione e di distribuzione metterà a dura prova i costruttori tradizionali i quali dovranno fare i conti proprio con quel gigantismo che secondo loro li avrebbe dovuti difendere e proteggere. Da non sottovalutare infine l’impostazione del modello di business tradizionale basato su una redditività che proviene prevalentemente dall’assistenza. Un problema enorme tenuto conto che l’elettrico richiederà un minore livello di manutenzione e le reti di distribuzione si reggono sulla redditività del service.


In conclusione i produttori dovranno rivedere in breve tempo gli imponenti sistemi produttivi e di distribuzione costruiti in decenni a fronte di uno scenario complesso e incerto. Elaborare nuovi modelli superando le rigidità degli standard e dei processi. Introdurre modalità di acquisto on-line per soddisfare i nativi digitali. Un mix esplosivo che alimenterà una nuova concorrenza con il rischio per chi non si muove in tempo di fare delle vittime eccellenti così come è successo nella telefonia.

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