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Michele Lombardi

La prima fase industriale della motorizzazione di massa

La prima fase del settore automobilistico è quella che viene definita “di prima motorizzazione di massa”. Si può inquadrare dagli anni ’50 fino alla prima grande crisi petrolifera del 1973.


E’ stato un periodo rappresentato da un trend stabile di crescita del sistema produttivo alimentato da una forte domanda di mobilità. Negli Stati Uniti ciò avveniva già agli inizi del secolo scorso mentre in Europa si manifestava con una forte accelerazione dopo il secondo conflitto mondiale.


Sempre in quegli anni si registrava una crescita vertiginosa della produzione giapponese.


Nel periodo industriale il confronto competitivo non si basava tanto sulle caratteristiche di prodotto ma sulla capacità di espansione della produzione. Gli attori in gioco dovevano possedere grosse capacità finanziarie per sostenere massicci investimenti in grado di affrontare l’aumento rapido dei volumi di produzione.


E’ la fase in cui nascono i grandi gruppi industriali dell’automobile che avrebbero poi dominato la scena del settore per gli anni a venire.


I processi produttivi dell’auto, estremamente complessi e costosi, innalzavano forti barriere sia tecnologiche che finanziarie avviando un processo di concentrazione che in particolare in Europa è visibile intorno agli anni ‘50 e ‘60


Negli USA ciò avveniva qualche anno prima: Nel 1950 le tre maggiori case costruttrici (General Motors, Ford e Chrysler) totalizzavano l’87% delle quote di mercato nazionali.


Il parco mondiale di vetture circolanti era stimato in 46,2 milioni di unità che, solo vent’anni dopo è triplicato. Nel 1970 sono diventate 182,2 milioni con un tasso di crescita annuo del 7,2%.


Il 95,2% di questo parco mondiale era ubicato nei paesi più industrializzati nel mondo allora circoscritti nel nord-america, europa e giappone.


Dagli anni ’50 a metà degli anni ’70 il settore dell’auto si è dovuto concentrare principalmente sui processi produttivi e lo sfruttamento delle‘economie di scala derivanti da una produzione di massa.


L’attenzione al mercato era una componente secondaria e le politiche commerciali e di marketing erano limitate sull’informazione di prodotto.


All’inizio della fase di prima motorizzazione la rete di distribuzione era organizzata nella forma del rapporto di agenzia che si è poi evoluta successivamente intorno agli anni ’50 nella figura del commissionario .


Tanto l’agente quanto il commissionario costituivano una configurazione intermedia nella quale la casa costruttrice si accollava i rilevanti rischi e gli impegni finanziari di carattere commerciale. Il passaggio di proprietà avveniva tra il costruttore e il cliente finale, mentre a carico dell’agente e, successivamente del commissionario, erano le spese relative agli immobilizzi e, più in generale all’esercizio dell’attività di vendita e ai rapporti con la clientela.


La prima grande rivoluzione nell’ambito della struttura distributiva va registrata con il passaggio dal Contratto di Commissione a quello di Concessione. Un cambiamento nato in casa Fiat ma che avrebbe poi convinto tutti gli altri brand automobilistici.


La nascita del concessionario è quasi concomitante con la fine della prima fase del ciclo evolutivo del settore di natura, come abbiamo visto, prettamente industriale. La crisi petrolifera degli anni ’70 ha imposto ai costruttori una strategia di internazionalizzazione più estesa, spostandosi dai mercati nazionali economicamente più forti verso nuove aree di sviluppo della domanda automobilistica.


La guerra del Kippur fra Egitto, Siria e Israele interruppe i flussi di approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti all’Opec. Furono gli anni della cosiddetta “austerity” in cui il mondo occidentale dei paesi a forte crescita industriale si rese conto della fragilità della propria crescita conseguente alla dipendenza dal petrolio.


L’auto ne risentì pesantemente. La mancanza di approvvigionamento petrolifero impose ai governi delle azioni drastiche che sfociarono in dei veri e propri blocchi alla circolazione dei veicoli.


Una crisi così improvvisa ebbe l’effetto di stimolare l’industria a valutare nuovi orientamenti strategici, tra cui la possibilità di costruire veicoli più efficienti e in grado di consumare meno.


Anche dal punto di vista della distribuzione, gli effetti furono dirompenti.


Fino ad allora la distribuzione era caratterizzata dal prevalere della domanda sull’offerta. Il concessionario si limitava alla gestione dei preventivi e degli ordini che costituivano le lunghe file di attesa che generalmente si protraevano per mesi.


Il livello di soddisfazione del cliente era misurato nella capacità del Concessionario a fornirgli il veicolo nei tempi di attesa previsti dalla prenotazione.


Con la crisi degli anni ’70, il forte calo della domanda e il ristagno delle vendite sono serviti in un certo modo a stabilire degli equilibri nuovi anche nella filiera distributiva.


Da un lato l’esigenza dei costruttori di riqualificare la propria rete di vendita introducendo politiche commerciali e di vendita più attive e consone a una domanda latente che andava stimolata. Dall’altro l’esigenza del mondo dealer di trovare una sua collocazione più rappresentativa nella filiera di distribuzione.


Dagli anni ’80 fino alla fine del primo decennio del nuovo secolo le case potenziano le proprie strutture commerciali dando vita alla seconda fase del processo di sviluppo del settore quella che chiameremo l’era del marketing.

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